Il dovere della pulizia
Se la giustizia vuole tornare a godere della fiducia dei cittadini, si faccia chiarezza sul comportamento di Esposito
Vittorio Feltri - Gio, 08/08/2013 - 17:12
Come ha ben scritto Angelo Panebianco nel suo editoriale sul Corriere della Sera alcuni giorni fa, la magistratura è l'unico potere davvero forte esistente in Italia. Le cosiddette toghe sono spesso in contrasto fra loro, ma basta un urlo nella foresta a richiamarle all'ordine, cioè a ricompattarle in difesa della categoria eventualmente minacciata.
Una volta c'era il timor di Dio, adesso prevale il timore dei giudici. Cosicché molti politici e moltissimi giornalisti preferiscono stare dalla loro parte, cercano la loro benevolenza. Non si sa mai. Personalmente, visto quanto è successo ad Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, e a Giorgio Mulè, direttore di Panorama, condannati a pene detentive (e senza contare altri casi recenti), confesso di essere terrorizzato di subire la stessa loro sorte e mi tremano i polsi a scrivere il presente articolo. Con la prudenza e la codardia meglio abbondare. Tuttavia gli episodi di cui si parla in queste ore sono talmente eccezionali da meritare riflessioni.
La Cassazione ha confermato la sentenza d'appello a carico di Silvio Berlusconi: quattro anni di reclusione per frode fiscale. Normale? Mica tanto, ma fingiamo che lo sia. Seguono polemiche di fuoco dei berlusconiani e salti di gioia spontanei degli antiberlusconiani che, nella circostanza, sembrano assai meno eleganti e composti di quanto credono di essere. Vabbè, sorvoliamo. Gioire delle disgrazie altrui è volgare ma umano.
Mentre infuria la battaglia, chiamiamola dialettica, sabato esce sul Giornale un'articolessa di Stefano Lorenzetto che descrive una vicenda del marzo 2009, protagonista Antonio Esposito, presidente della seconda sezione penale della Suprema Corte di Cassazione che ha incastrato definitivamente il Cavaliere. Tutto avvenne a Verona durante una cena a côté di un premio sotto l'egida del Lions club. Numerosi i convitati, tra cui l'alto magistrato, il quale - stando al racconto dettagliato steso da Lorenzetto, che sedeva al suo fianco al tavolo d'onore - conversando in scioltezza rivelò i contenuti piccanti di intercettazioni telefoniche riguardanti l'intensa attività sessuale di Berlusconi, addirittura citando i nomi di due deputate del Pdl entusiasticamente disposte a soddisfarne gli appetiti.
Pettegolezzi del genere stuzzicano la curiosità di chiunque. E infatti un altro ospite di quel raduno conviviale, un funzionario dello Stato che sedeva alla sinistra di Esposito, interpellato da Lorenzetto nei giorni scorsi ricordava perfettamente, pur a distanza di quattro anni, le generose prestazioni a favore dell'allora premier, attribuite dal giudice alle suddette deputate. Dato che le chiacchiere in libertà sono simili alle ciliegie, una tira l'altra, il presidente - ancora secondo la ricostruzione del nostro eccellente giornalista - aggiunse considerazioni poco lusinghiere sul conto del Cavaliere. Lorenzetto le ha riferite, supportato da due testimoni le cui «deposizioni» egli ha registrato sempre nei giorni scorsi, uno dei quali ha ammesso che Esposito, riferendosi al Cavaliere, anche in altre occasioni parlò di «grande corruttore» e «genio del male». Ovviamente Lorenzetto è pronto a far ascoltare le registrazioni a gentile richiesta.
Non è finita. Il giudice, forse eccitato dallo stupore dei commensali, impresse un'accelerazione ai propri sfoghi attingendo copiosamente a quelli che dovevano essere considerati segreti d'ufficio: dovendo egli di lì a 48 ore emettere il verdetto su Vanna Marchi, accusata d'aver approfittato della dabbenaggine popolare al fine di arricchirsi, ne anticipò la sostanza drammatica: sarà condannata.
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